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Case green, scongiurata la eco-patrimoniale ma c’è la stangata sulle caldaie . Ecco cosa cambia

C’è l’accordo sulla direttiva Ue per le case green. L’ ultimo scoglio da superare a Bruxelles nella difficile trattativa prevista dal “trilogo” – vale a dire Commissione, Parlamento e Consiglio della Ue – era la data prevista per lo stop definitivo ai riscaldamenti da fonti fossili, gas e gasolio. Il testo licenziato dalla Commissione prevedeva il 2035, ma dodici anni sono ritenuti un lasso di tempo troppo breve per adeguare tutti gli impianti esistenti. Così il Consiglio ha proposto di spostare la data del phase out al 2040. E l’intesa è arrivata proprio su questa data. Il provvedimento è uno degli ultimi “regali” ai cittadini europei della maggioranza Ursula, frutto dell’accordo scellerato in sede europea fra l’asse rosso-verde con i popolari del Ppe. Gli effetti della direttiva sono quasi del tutto sconosciuti alla maggioranza degli europei. I Paesi dell’Unione europea dovranno avere edifici sempre più «green»: resta l’obiettivo di ridurre le emissioni delle abitazioni, ma non dovrà più essere rispettato casa per casa. E ci sarà più tempo per eliminare le caldaie a gas. «Una transizione giusta e sostenibile, in cui la casa degli italiani, bene rifugio delle nostre famiglie, viene tenuta fuori da ogni ragionamento ideologico». Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, rivendica quello che il governo considera un suo successo. Palazzo Chigi ha infatti incassato una linea più flessibile e meno rigorista sul piano degli obiettivi intermedi di risparmio di energia per l’intero patrimonio edilizio dei Paesi membri. Ad esempio portando a casa un alleggerimento del trattamento per caldaie e pannelli. Il 55% della riduzione energetica dovrà essere raggiunto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori. Ancora più nel dettaglio gli obiettivi principali della nuova direttiva sono che entro il 2030 tutti i nuovi edifici siano edifici a emissioni zero e che entro il 2050 il patrimonio edilizio esistente venga trasformato in edifici a emissioni zero. Gli Stati membri dovranno inoltre ristrutturare, come detto, il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e, entro il 2033, il 26% con le peggiori prestazioni attraverso requisiti minimi di prestazione energetica. La parte più interessante, per i proprietari di immobili, riguarda i tempi necessari per mettersi in regola con il nuovo corso “green”. Da questo punto di vista, l’Italia ha strappato un buon risultato. Infatti la fine degli impianti di riscaldamento a combustibili fossili nelle abitazioni è stata posticipata dal 2035, come era stato stabilito nei primi negoziati, a 5 dopo. È stato infatti concordato di inserire nei Piani nazionali di ristrutturazione edilizia una tabella di marcia con l’obiettivo di eliminare gradualmente le caldaie a combustibili fossili entro il 2040. Incentivi finanziari saranno ancora possibili per i sistemi di riscaldamento ibridi, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore. Ma non è tutto. Dall’obbligo di installare pannelli solari sugli edifici vengono esclusi quelli residenziali, mentre restano contemplati gli edifici pubblici e quelli non-residenziali di grossa stazza, con eccezioni. In pratica si è stabilita l’installazione di idonei impianti di energia solare nei nuovi edifici, negli edifici pubblici e in quelli esistenti non residenziali che subiscono una ristrutturazione che richiede un permesso. Infine gli edifici agricoli e gli edifici storici possono essere esclusi dalle nuove norme, mentre i Paesi possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per il loro speciale valore architettonico o storico, gli edifici temporanei e le chiese e i luoghi di culto.

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