«Ho avuto un dubbio verso la fine della telefonata, soprattutto nella parte in cui sui è parlato del nazionalismo ucraino che è un tema tipico della propaganda russa. L’ho segnalato all’ufficio diplomatico. Penso che lì ci sia stata una superficialità nel procedere ad una verifica. Per questo il consigliere Francesco Talò stamattina si è dimesso». Da parte del consigliere diplomatico è stato «un gesto di responsabilità. Di queste telefonate – aggiunge la premier – ne abbiamo fatte almeno 80 e mi dispiace che in questo inciampo sia messo in discussione ciò che è stato fatto. Ringrazio lui e l’ufficio diplomatico. Io se ricevo una telefonata dall’ufficio del consigliere diplomatico la devo dare per buona… Penso che si sia confermata la coerenza del governo». La spiegazione del pasticcio: «Non è stato fatta una verifica. A me non è tornato un alert e la cosa non mi ha consentito di muovermi. Ho dato per scontato che le cose fossero corrette». La premier aggiunge: «Il fatto che la finta telefonata sia stata rilanciata per prima da canali che alimentano la propaganda russa qualche domanda» sulla natura della chiamata stessa «dovrebbe indurla, anche a chi sta facendo da megafono a questi comici». Meloni ricorda quindi di aver già detto come in Italia ci sia chi, pur di attaccarla, sia disposto ad attaccare di conseguenza l’Italia, e quindi osserva: «È ovvio che se le cose stessero così, cioè che siamo stati oggetti di disinformazione per le posizioni che abbiamo a livello internazionali» e che ci sia in Italia chi si presta a fare da cassa di risonanza apposta, «mi dispiace». Sull’Ucraina «ci siamo assunti la responsabilità di una posizione chiarissima, e forse anche per questo che telefonano a noi. Essere consapevoli della stanchezza» che il conflitto ucraino genera nell’opinione pubblica «non vuol dire non credere nella vittoria dell’Ucraina. Noi ci crediamo e continuano a fare quello che possiamo per dare una mano».
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